Le prime settimane di gravidanza

Analisi prenatale NIPT (test del DNA fetale): cosa dicono gli esperti

Analisi prenatale non invasiva del DNA fetale

L’analisi prenatale non invasiva del DNA fetale – detta anche test del DNA fetale o Analisi Prenatale NIPT (Non Invasive Prenatal Test) – è un nuovissimo esame che consente alle donne di rilevare già dalla 10° settimana di gravidanza eventuali anomalie cromosomiche quali la Sindrome di Down. Per l’analisi è sufficiente un semplice prelievo di sangue della mamma – quindi senza i rischi della villocentesi e dell’amniocentesi – e grazie a sofisticate tecnologie di indagine genetica è possibile avere un referto semplice e chiaro entro una decina di giorni.

“Quest’analisi sta suscitando grande interesse ed entusiasmo nel mondo ginecologico e ostetrico”, ci racconta Luana Piroli – direttore generale del laboratorio InScientiaFides che dal mese di settembre ha deciso di proporre il test in tutta Italia, “il costo – di 750 euro – non è ancora rimborsabile dal sistema sanitario nazionale ma malgrado questo gli operatori, e ancora di più le donne, hanno subito capito il valore di questo test; poter rilevare precocemente eventuali alterazioni cromosomiche del bambino senza ricorrere a esami invasivi rischiosi come villo e amnio è infatti un’opportunità preziosissima”.

Come si fa a richiedere e a effettuare l’analisi?

“Generalmente”, continua il direttore di InScientiaFides, “le donne ci contattano direttamente, s’informano e si confrontano con il proprio ginecologo per poi richiedere il servizio. Il prelievo di sangue può essere effettuato presso lo studio di un nostro referente convenzionato o anche direttamente a casa della paziente, da un infermiere che abbiamo formato e che le mandiamo noi.”

Cosa ne pensano gli esperti?

Abbiamo ripreso qui l’estratto di un’intervista alla dottoressa Faustina Lalatta – Responsbile di Genetica Medica presso la Clinica Mangiagalli di Milano pubblicata qualche mese fa sul portale nostrofiglio.it.

Come funziona il test del Dna fetale

Il test va ad analizzare la quantità di Dna fetale presente nel sangue materno. “Si sa da una decina di anni che nel sangue materno sono presenti cellule del feto, o meglio della placenta, che contiene il medesimo corredo genetico del feto – dice Faustina Lalatta, Responsabile di Genetica Medica presso la Clinica Mangiagalli di Milano. – Da circa un anno e mezzo, grazie a sofisticati macchinari, si è riusciti ad isolare questo DNA (in modo da non confonderlo con quello materno) e replicarlo in laboratorio, fino ad ottenerne una quantità sufficiente per analizzarlo”.

Che cosa permette di scoprire il test Dna

“Proprio a causa dell’elevata tecnologia necessaria per isolare e studiare il Dna fetale nel sangue della mamma” prosegue Lalatta, “per il momento si è deciso di impiegarla solo per analizzare le tre patologie cromosomiche più frequenti, e cioè la sindrome di Down (o trisomia 21), la sindrome di Edwards (trisomia 18) e di Palau (trisomia 13)”, andando a studiare rispettivamente i segmenti di DNA corrispondenti al cromosoma 21, 18 e 13 del patrimonio genetico del bambino”.

Quando e come si effettua l’esame del Dna fetale

La futura mamma si sottopone a un semplice prelievo di un campione di sangue, che viene spedito al laboratorio per l’analisi. L’esito si ha dopo due settimane.

Che attendibilità offre il test del Dna

L’esame offre un’attendibilità superiore al 99%. I falsi positivi sono molto rari, inferiori all’1%. “Tuttavia, poiché si tratta di un esame molto recente, le società scientifiche raccomandano di confermare un eventuale esito positivo (quindi patologico) sottoponendosi a un esame tradizionale, cioè l’amniocentesi o la villocentesi, prima di valutare una possibile interruzione di gravidanza” precisa Faustina Lalatta. “I falsi negativi sono possibili, anche se rari, come per tutte le tecniche di laboratorio”.

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